Si parla molto in queste ore dell’orribile morte dei due italiani in Congo e molti come la situazione politica del paese abbia influito. Ecco tutto quello che sappiamo.
La vicenda
Le due vittime erano Luca Attanasio, ambasciatore italiano in Congo, e Vittorio Iacovacci, carabiniere italiano che era in Africa da pochi mesi. Nell’attacco è rimasto ucciso anche l’autista che guidava il convoglio delle Nazioni Unite che trasportava le due vittime. L’attacco è avvenuto nel parco dei Virunga, nella parte orientale della Repubblica democratica del Congo.
L’omicidio è stato ad opera di un commando di sei persone, un gruppo di miliziani armati che avrebbero prima assalito il mezzo, uccidendo l’autista, poi trasportato forzosamente i passeggeri nella foresta. Qui, proprio mentre stavano arrivando le forze locali in soccorso, i miliziani avrebbero sparato al carabiniere e ferito mortalmente l’ambasciatore.
A cosa è dovuto questo attacco?
La situazione politica in Congo
Il Congo è a parole una Repubblica Democratica, ma le ultime elezioni del 2017 hanno gettato molte ombre sulla democraticità del paese: i risultati sarebbero stati un pesante broglio elettorale, frutto di un abile mossa di Joseph Kabila, che è stato Presidente dal 2001 al 2019. Per legge non poteva candidarsi nuovamente e quindi ha candidato il proprio delfino Emmanuel Ramazani Shadary, stringendo contemporaneamente un accordo con quello che è effettivamente diventato il nuovo Presidente, Felix Tshisekedi.
Anche con un governo eletto, il paese è comunque in continua guerra, interna ed esterna. L’obbiettivo è sempre lo stesso: la smisurata ricchezza del suolo e sottosuolo del paese, fra diamanti, oro e una vastità di terre fertili. Ancora accessi diversi focolai di guerriglia civile, sia di bande autonome che governative.
I responsabili dell’attacco
I responsabili dell’assalto potrebbero essere gli uomini delle Forze Democratiche per la liberazione del Ruanda: il Fdlr-Foca è il principale gruppo residuo di ribelli ruandesi di etnia Hutu, conosciuti per il genocidio in Ruanda. È questa l’ipotesi prevalente, sebbene non la sola, privilegiata anche dalle forze di polizia e dalle autorità locali.
In particolare le vittime si trovavano in una zona particolarmente pericolosa: la provincia di Kivu Nord è dal 1997 in guerra civile, che il governo non è ancora riuscita a spegnere e che ha continuato a fare moltissime vittime, con più di un milione e mezzo di sfollati.
Il presidente Mattarella ha mostrato le sue condoglianze per l’accaduto, ma non è mancato anche il solito sciacallaggio politico (come potete vedere qui).
Una vicenda ancora da chiarire, ma che ci fa stringere in lutto per le famiglie delle vittime.