In questi giorni è tornato a palrare di economia circolare. Di cosa si tratta?
Gli accordi sull’ambiente
Cominciamo dalle basi: da tempo i paesi più avanzati si sono impegnati in una serie di politiche ambientaliste. Il primo importante accordo è stato il Protocollo di Kyoto, un accordo internazionale in materia ambientale che riguarda il riscaldamento globale. Istituito nel 1997 con l’accordo di 180 paesi, è entrato in vigore nel 2005. In poche parole i firmatari di questo accordo si impegnano a diminuire le emissioni di gas ad effetto serra, così da contrastare il Riscaldamento globale appunto.
I paesi si accordano quindi in un monitoraggio della situazione, aggiornando ogni anno i termini del contratto. Fra i gas in questione, sicuramente la CO2 è il principale e più rilevante gas ad effetto serra. All’epoca del primo accordo, l’Italia si impegnava entro il 2012 una riduzione delle proprie emissioni del -5%. L’obbiettivo non è stata raggiunto del tutto (solo il 4,6% in meno) ma ha contribuito sicuramente al cambiamento delle politiche ambientali.
Il secondo accordo che si è raggiunto è il cosiddetto Accordo di Parigi, raggiunto nel 2015, che si impegnava a impedire l’aumento della temperatura terrestre oltre il 1.5 C° entro il 2020. Un altro accordo molto importante è stata la cosiddetta Agenda 2030, ideata dai paesi partecipanti all’ONU con una serie di obbiettivi per ottenere un futuro migliore e più sostenibile per tutti.
Cos’è l’economia circolare
In questo panorama si inserisce il concetto di economia circolare: un sistema economico pensato per potersi rigenerare da solo garantendo dunque anche la sua ecosostenibilità. I concetti principali sono stati definiti dal Circular Economy Action Plan, istituito nel marzo 2020 dall’Unione Europea.
Il primo concetto fondamentale è la riduzione dell’utilizzo delle risorse, ovvero della quantità di materiale usato nella realizzazione di un prodotto e l’allungamento del suo utilizzo, tramite la digitalizzazione e l’utilizzo di prodotti condivisi. Su questo concetto si basano per esempio le iniziative di car sharing e simili.
Il secondo concetto è l’allungamento dell’utilizzo delle risorse, estendendo la vita utile delle merci, con un design durevole e il recupero tramite la riparazione e la rigenerazione. Questa idea è per esempio impiegata nei movimento contro la fast fashion, ovvero finalizzati al recupero dei vestiti (e non solo) e non al continuo acquisto e consumo di essi.
Il terzo concetto è l’utilizzo di materie prime rigenerative, ovvero sostituendo i combustibili fossili, sostanze inquinanti e materiali tossici con fonti rigenerative, quindi rinnovabili. In questo senso sono pensati i servizi delle auto elettriche o dei pannelli solari.
L’ultimo concetto è quello del riutilizzo delle risorse, con l’idea di una qualità dei materiali e un riutilizzo continuo, con materiali tecnici e biologici, design per il montaggio. In questo senso vanno tutte le iniziative per l’utilizzo di materiali riciclabili a livello industriale, promosso da diverse aziende.
Un passo nella giusta direzione sembra essersi fatto in Italia grazie alla probabile introduzione del Ministro della Transizione ecologica, di cui abbiamo parlato qui.